mercoledì 2 gennaio 2013

Educare alla realtà: la verità ci farà liberi.




Ultima parte del discorso del Santo Padre sul tema dell’educazione che stiamo riprendendo su questo blog per entrare nel dettaglio e approfondirne i suggerimenti. Nelle tre precedenti puntate ci siamo concentrati sul

Terminiamo parlando di verità. Ha ragione Benedetto XVi quando afferma che “È pertanto necessario educare nella verità e alla verità”?
Difficile dire di no. Il problema si pone subito dopo, quando è necessario chiedersi:  “Ma, «che cos’è la verità?» (Gv 18, 38), si chiedeva già Pilato, che era un governatore. Ai giorni nostri, dire il vero è divenuto sospetto, voler vivere nella verità sembra superato e promuoverla sembra essere uno sforzo vano. Eppure il futuro dell’umanità si trova anche nel rapporto dei bambini e dei giovani con la verità: la verità sull’uomo, la verità sul creato, la verità sulle istituzioni, e così via. Oltre all’educazione alla rettitudine del cuore e della mente, i giovani hanno pure bisogno, oggi più che mai, di essere educati al senso dello sforzo e della perseveranza nelle difficoltà. Occorre insegnare loro che ogni atto che la persona umana compie deve essere responsabile e coerente con il suo desiderio d’infinito, e che tale atto accompagna la sua crescita in vista della formazione a un’umanità sempre più fraterna e libera da tentazioni individualiste e materialiste”.

Il timore, o peggio: l’impressione, è che oggi si sia smarrito completamente il senso della verità. Da valore oggettivo, dato, da scoprire, è diventato un punto di vista, imposto, da comunicare. La nostra vita è diventata il metro di misura della realtà, la verità è ciò che conferma le nostre scelte a prescindere. Poiché abbiamo smarrito il senso di responsabilità e abbiamo rifiutato il metro di giudizio sulla realtà, che era sì giudice ma anche fondamento, zattera con la quale affrontare i marosi della vita in tempesta, ci difendiamo imponendo innanzitutto a noi stessi la certezza di non avere mai sbagliato, di avere sempre compiuto scelte coraggiose e giuste. E quindi accusiamo il mondo, gli altri, di attentare alla nostra felicità. Volevamo essere liberi, siamo diventati vittime. Abbiamo tolto la consonante iniziale al nostro fondamento, dimenticandoci che di Dio ce ne è uno solo, di Io infiniti ed ognuno fa sua la pretesa di essere al centro del mondo. Non solo il suo. Quello con la M maiuscola.
Ecco perché è importante ritornare ad un sano realismo, che riconduca la nostra vita dentro l’alveo della verità e della responsabilità. Questo ci permetterà di riscoprire la nostra felicità più profonda.
Insegnare ed educare al realismo: una sfida che le famiglie devono affrontare per essere veramente capaci di non essere travolte dalla liquidità di questa società. Una sfida che nelle scuole Faes trova sinceri e potenti alleati.

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