lunedì 4 marzo 2013

Disturbi dell'apprendimento? Sono davvero sempre imputate in casi di insufficienze a scuola, o esistono dei casi limite da prendere con le pinze?


Iniziamo la settimana e il mese di Marzo con una leggera provocazione, che richiede una riflessione più attenta e critica del solito. Vi proponiamo infatti un post pubblicato quasi un anno fa sul blog famiglie.felici , in cui viene denuncia il pericolo, sempre più in espansione, delle "facili diagnosi di disturbi dell'apprendimento" e delle conseguenze di tutto ciò. Lasciamo però il compito di spiegare meglio l'argomento all'autore originale del post. 
Buona lettura, e buona riflessione

La provocazione per riflettere

La dislessia non è uno scherzo e non si può certo metterla al centro di una burla, o di una provocazione. Non si scherza sulla sofferenza altrui. E non voglio certo dare l’idea di voler mettere alla berlina o attaccare ciò che fa soffrire molte famiglie. Voglio essere molto chiaro su questo punto per evitare ogni tipo di fraintendimento. Non sto parlando di patologie conclamate, di disordini manifesti dell’apprendimento o del linguaggio, ciò che voglio stigmatizzare è un pessimo approccio educativo, un fenomeno crescente nella scuola media italiana, che ridicolizza l’insegnamento e genera bamboccioni, caratteri flaccidi ego referenziati, personalità infiacchite da un presunto amore.


Che cosa succede? Capita che dopo i primi votacci alle medie, dopo le prime difficoltà di studio, la fatica ad apprendere, le ore che si moltiplicano, invece che sostenere i figli in questa nuova avventura che richiede coraggio e sforzo, un numero purtroppo crescente di famiglie sceglie la scorciatoia. E voilà compare il magico certificato che attesta i problemi di apprendimento del cucciolo che, prodotto a scuola, genera una serie di effetti a catena: corsia preferenziali per i voti (almeno sufficienti) metodologia ammorbidita di interrogazione e compiti in classe, sempre con la soluzione pronta alla mano, lezioni specifiche, compiti ridotti e così via.

Affermo ancora una volta di non stare parlando di reali patologie, di minorazioni che feriscono la famiglia in tutti i suoi componenti. Sto parlando di chi fa il furbo, di chi esagera una difficoltà che non è se non una malattia della volontà non dell’intelletto, e penalizza i figli i nome di un sedicente affetto che in realtà è comodità e perbenismo.

Quali le gravi conseguenze?
Perdita di autostima e fiducia di sé, esposizione alle reazioni non simpatiche dei compagni, privazione della possibilità (o diritto) di plasmare la propria personalità attraverso lo sforzo e la sfida, dimostrazione che nella vita i furbi se la cavano sempre con scorciatoie neli migliore dei casi scorrette o immorali quando anche non illegali.
Per tacere dei problemi provocati alla classe e quindi ai compagni.

Secondo voi questo è amore?

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