sabato 31 agosto 2013

Università a numero chiuso? Come funzionano?

Abbiamo parlato nel post precedente di quanto sia importante arrivare preparati ai temutissimi Test d'Ingresso, vogliamo oggi aiutare a chiarirvi meglio le idee in merito.

Innanzitutto, perché quando i mezzi di comunicazione parlano di Test d’Ingresso citano sempre Medicina, Architettura o Veterinaria e mai, ad esempio, Ingegneria e Psicologia? Semplice, perché nel primo caso si tratta di corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale, che spesso coinvolgono decine di migliaia di studenti mentre nei secondi il numero chiuso è stabilito a livello locale da ogni singolo ateneo. 


PROGRAMMAZIONE NAZIONALE
I test gestiti a livello nazionale sono interamente dipendenti dalle decisioni del Ministero dell’Istruzione che stabilisce date, contenuti della prova, criteri di valutazione, numero di quesiti e penalità. Si tratta di regole valide per tutti gli studenti della Penisola. Il Ministero stabilisce anche i posti disponibili in ogni Università per quel corso di laurea. I corsi di laurea che sono gestiti in questa maniera sono: Medicina e Chirurgia, Odontoiatria, Veterinaria, Architettura, Scienze della Formazione Primaria, Professioni Sanitarie.
Con alcune eccezioni. Nel caso di Medicina e Chirurgia, Odontoiatria, Veterinaria e Architettura il controllo del Ministero è molto più stringente: infatti la graduatoria di assegnazione dei posti è nazionale, la prova è uguale per tutti e predisposta dal Ministero, al punteggio dei test si somma quello del Bonus Maturità come stabilito dal D.M. 449 del 12 Giugno 2013.
Per i Corsi di Laurea in Professioni Sanitarie, dove il test è predisposto dalle singole Università e la graduatoria è a livello locale, il bonus maturità è confermato in tutti gli atenei secondo due modalità diverse; in alcuni atenei (pochi) con la stessa modalità del test di Medicina nella maggior parte tenendo conto esclusivamente del voto di maturità senza il complicato calcolo dei percentili. Nel caso del test d’ingresso per il corso di laurea di Scienze della Formazione il Ministero stabilisce la data della prova, i posti disponibili e alcune linee guida per la redazione dei quiz. Al resto pensano le Università. Persino i criteri del bonus Maturità sono a loro discrezione.

CRITERI NUMERO CHIUSO LOCALE
Per tutti gli altri corsi di laurea che non rientrano in quelli ad accesso programmato, le singole università sono libere di stabilire un numero massimo di iscritti, da selezionare mediante un test. Oppure possono anche proporre un test, solo a scopo orientativo e valutativo, ma non vincolante ai fini dell’immatricolazione. Le Università che organizzano localmente i propri test decidono l’intera struttura delle prova. Variano da ateneo ad ateneo criteri di valutazione, quantità dei quesiti, come anche il tempo a disposizione e le date dei test. In genere tuttavia tendono a nascere dei consorzi che aggregano più università che sottopongono gli studenti ai test per uno stesso corso di laurea. In quel caso tutte le Università del consorzio sottopongono gli studenti al test lo stesso giorno e secondo le stesse modalità. Quindi il modo migliore per informarsi resta visitare il sito della Facoltà universitaria dove ci si vuole iscrivere.
ECCEZIONI PRIVATE
Ci sono poi delle eccezioni. Ovvero atenei privati in cui i posti disponibili rientrano nella programmazione nazionale, ma test, date e i criteri di ammissione sono gestiti autonomamente. Ad esempio per Medicina si tratta della Cattolica, del Campus Biomedico di Roma e del San Raffaele di Milano. Chiaramente qui ci sarà una graduatoria interna e non nazionale, con tutti i risvolti positivi e, al contempo, negativi del caso.

martedì 27 agosto 2013

Test d'Ingresso per l'Università? Piccole dritte per superarli al meglio!

Qualche settimana ancora e per i maturandi 2013 arriverà il momento di iniziare a sostenere i temuti Test di ingresso per quelle Facoltà che li prevedono, Medicina, Psicologia, Architettura e tanti altri.

Proviamo a darvi qualche piccolo suggerimento per non arrivare con l'ansia a questo importante momento.

Il primo suggerimento che vi diamo è quello di tentare diversi test d’ingresso. Lo so potrebbe non essere il consiglio che volete, più di un test?? Già uno è abbastanza. Però ve lo consigliamo caldamente perché piuttosto che rimanere a piedi, nella peggiore delle ipotesi, e stare un anno senza fare nulla, potreste prendere in considerazione anche di frequentare quella stessa facoltà ma in un'università diversa, nella stessa città o in un'altra città. Un ulteriore consiglio al riguardo è quello di provare anche ad iscriversi al test per entrare in corsi di laurea affini a quello preferito per eventualmente riprovare il test l'anno dopo. Questo porta ad arrivare al secondo test con un bagaglio culturale maggiore per poter affrontare il test ancora più pronti, e poi magari sfruttare gli esami già conseguiti per passare direttamente al secondo anno o per lo meno evitare di rifare ulteriormente tali esami.

Il secondo consiglio è quello di arrivare preparati, davvero preparati. Ma attenzione non ci si prepara solo studiando sui libri. Infatti secondo l’esperto di Alpha Test la buona riuscita della prova è condizionata per un buon 60% dalle competenze personali. Questo significa che lo studio e il ripasso delle discipline specifiche del test, sono fondamentali e non trascurabili. Accanto a questi si colloca, tuttavia, una strategia vincente fatta di tattiche e mosse risolutive che per un buon 30% condizionano la prova. In questo senso concentrazione e velocità sono le formule magiche per poter puntare alla vittoria. Infine bisogna saper gestire l’ansia. Ma in questo i neo diplomati non sono novellini, avendo da pochi mesi affrontato la Maturità.


Alcuni consigli pratici per affrontare al meglio il test? Innanzitutto iniziare a risolvere il test partendo dalle materie con cui ci si sente maggiormente ferrati. Se durante l'estate avete fatto i test proposti da varie case editrici avrete sicuramente individuato quali sono i vostri punti forti e i punti deboli. Per non perdere tempo, e per non deprimervi, iniziate con gli argomenti nei quali avete più successo e che quindi farete in un batter d'occhio. vi lascerete così del tempo per pensare e rispondere alle domande degli argomenti che più vi preoccupano. Una cosa da evitare infatti è quella di intestardirsi sulle domande difficili che non regalano un punteggio superiore a quelle più semplici. Bisogna, infatti, puntare a rispondere al maggior numero possibile di quesiti. 

Meglio rispondere e sbagliare o non rispondere? Nell’incertezza è meglio non rispondere, in quanto una risposta errata comporta una penalità di -0,4 punti. Se, invece, si riescono ad individuare tra le 5 possibilità quelle evidentemente scorrette o arbitrarie, aumenta la possibilità di marcare la risposta esatta. In questo caso vale la pena tentare la sorte. Però informatevi sempre se questo criterio vale anche per il test d'ingresso che state affrontando voi. Potrebbe essere che alcuni test non penalizzino la risposta errata.


In bocca al lupo!


sabato 24 agosto 2013

Attenzione, concentrazione, distrazione

libri orologio 1024x680 Attenzione, concentrazione, distrazione
Pubblichiamo un post tratto da Neuromancer, il blog di Carmelo Di Mauro, psicologo e psicoterapeuta con formazione cognitiva costruttivista.
Quanto riuscite a sostenere la vostra attenzione? Penserete che in fatto di concentrazione siete più bravi e saggi rispetto ai ragazzi che continuamente giocano online, chattano su facebook o inviano sms agli amici, come se un collaudato deficit dell’attenzione e l’iperattività fossero ormai fisiologicamnete necessari al loro stile di vita.
Argomento interessante, soprattutto se consideriamo quanti strumenti interattivi utilizziamo durante il giorno. Device di ogni grandezza, display a portata di tasca, segnali sonori per un feeed in arrivo, chat minimali mentre svolgiamo il lavoro, social net trasformati in diari psicologici. Secondo le ricerche, un adulto in media resiste 13 minuti prima di distogliere l’attenzione dal suo lavoro per dare un’occhiata alla posta elettronica. Un ragazzo non va oltre i due minuti. Mamme e insegnanti non fanno altro che lanciare l’allarme. Il ragazzo non riesce a mantenere l’attenzione sullo stesso argomento per più di qualche minuto. Facilmente si distrae, si annoia. Agevolmente trova un sotterfugio per inviare un sms o controllare i like alla sua foto appena caricata.
Una professoressa di Harvard ha trovato un rimedio. In una conferenza sull’apprendimento e l’insegnamento, Jennifer L. Roberts docente di storia dell’arte e di architettura ha raccontato come riesca ad ingaggiare e ad esercitare l’attenzione dei suoi studenti attraverso una richiesta controintuitiva. Infatti, uno dei compiti che dà agli studenti consiste nel preparare una corposa tesina di ricerca su un opera artistica a partire dalla sua osservazione ravvicinata per la impegnativa durata di 3 ore.
Per quanto fosse esagerato il tempo imposto, la Roberts sostiene di essere rimasta sorpresa per la capacità di osservazione dei suoi studenti, i quali hanno manifestato un’imprevista gratificazione nonostante la lunghezza di esposizione. Lei stessa ne ha offerto un esempio raccontando cosa sia successo mentre guardava per tre ore un dipinto di John Singleton Copley, Il ragazzo con lo scoiattolo (1765), le corrispondenze tra forme, le relazioni tra i dettagli, piccoli universi visibili solo grazie ad una prolungata osservazione. Si tratta di una sorta di «ingegneria della pazienza» che faciliti il ragazzo verso l’immersione cognitiva sull’oggetto di studio. Può esserti utile leggere cosa scrive a questo riguardoDaniel Willingham, professore di psicologia all’Università della Virginia.
Ciò che mi colpisce di questa iniziativa è la piccola verità che salta fuori e che in parte condivido: se dedichi la tua attenzione per più di qualche minuto ad un argomento, molto probabilmente ti annoierai. Può sembrare un po’ esagerato o un fenomeno giovanile ma, a pensarci bene, non è così. Io ne faccio spesso esperienza: mi capita di non riuscire a seguire un film, interrompo più volte la lettura di un libro per approfondire certe associazioni, metto a rischio persino una conversazione perché sono fra le nuvole a pensare chissà cosa col rischio di essere scoperto.
Sono d’accordo, l’iniziativa della professoressa di Harvard non è facilmente esportabile e può essere appropriata per una certa categoria di persone impegnate nello studio avanzato o per chi esercita certi tipi di lavori. Ma trovo molto intrigante la proposta. Nasconde un fatto innegabile: che non siamo più capaci di fermarci e osservare a lungo se non per scattare una foto e caricarla suinstagram o pinterest. Fare esperienza della scoperta e scoprire certe emozioni come la meraviglia, la curiosità, la paura o il piacere, sembra quasi roba d’altri tempi.
495px J S Copley   Boy with Squirrel 247x300 Attenzione, concentrazione, distrazione
John Singleton Copley, Ragazzo con scoiattolo (1765)
L’impulso a “distrarsi” mi fa pensare alle mie difficoltà di gestione delle informazioni e, in senso stretto, delle conoscenze. Mi spiego: accumulo ogni giorno articoli scientifici, pdf, relazioni cliniche, ebook, discussioni approfondite di un forum online, post inviati al kindle e per di più google reader impietosamente segnala centinaia di feed. Sul comodino accanto al letto ci sono almeno 4 libri che sto leggendo e ormai uso qualsiasi “materiale” come segnalibro. Questa specie di accumulo, spazialmente disperso e complementare alla mia vulnerabile attenzione, mi fa pensare ad un disturbo mentale chiamato hoarding disposofobia, l’accaparramento compulsivo di vario materiale.
In una società costruita sulle informazioni, è un problema. Anche perché sembra che ci sia una specie di diabolico sarto in grado di venire incontro alle richieste di tutti e come l’artificio della moda fa cambiare rapidamente preferenze. Non si corre pericolo di non trovare un’informazione seducente. Il guaio è che quando la ottieni fai fatica a cestinarla, anche se sai che difficilmente riuscirai a leggerla fino in fondo, che sia fatta di carta o di inchiostro elettronico. Diventa di tua proprietà e non vuoi più separartene. I ricercatori chiamano questo potente processo psicologico “endowment effect“: un oggetto lo valuti di più quando lo possiedi rispetto a quando non ce l’hai.
Ci sono delle soluzioni? Propongo due suggerimenti. Il primo è collegato all’esperimento della Roberts: allenatevi ad osservare qualcosa. Non necessariamente un’opera d’arte, può essere un angolo della tua città o di casa, una frutta che ti piace, l’architettura interna di un elettrodomestico, può essere l’ascolto di un lungo pezzo musicale, può essere qualcosa legato ai sensi, alla memoria, a personali riflessioni su un rapporto sentimentale. Puoi trascrivere in un quaderno questo tipo di allenamento, una breve cronaca, operazione con un forte potere di affinamento introspettivo. Ma esegui l’operazione lentamente… con lunghe pause tra una frase e l’altra.
Il secondo suggerimento vale di più per le persone come me, immerse sino al collo di letture e, in parte, per chi accumula oggetti che s’impolverano in zone imprecisate della casa dove abita.
Una volta deciso di fare ordine e buttar via ciò che non serve, chiediti per ogni pezzo selezionato se, non avendolo mai avuto, ti saresti impegnato a cercarlo, quanti sforzi, quante risorse vi avresti dedicato. Non nascondo che questa prova riserva delle insidie (psicologiche) ma aiuta a rimettere in sella sia la tua attenzione sia la convivenza con il tuo partner.

martedì 20 agosto 2013

A non parlare con gli anziani ci si perde una visione speciale del mondo

Gli anziani, c’è gente che li evita perché li ritiene noiosi: hanno ricordi di cose che più nessuno conosce e vogliono condividere queste memorie che fanno parte del proprio passato, del patrimonio che si portano dietro. Qualcuno si stufa a sentirli parlare con lentezza, raccontano queste storie di vita e alcune volte non gli vengono le parole, perdono il filo…
Altri li evitano perché vedono nella loro pelle, nelle loro macchie sulle mani, nel camminare incerto lo specchio di ciò che è destinata a diventare.
Ma a non parlarci, con gli anziani, si perde sempre qualcosa di speciale.
Ogni anziano ha una storia da raccontare a chi è disposto ad incontrarlo, ad ascoltarlo.
Il racconto di sé esprime pensieri e sentimenti di una persona, il suo modo di essere, di intendere la vita, anche quando sembra smarrita.
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Parliamo sempre di bambini in questo blog, ma parliamo troppo poco dei nonni. Una figura importantissima nella vita dei bambini, li accompagnano nella crescita, tanto quanto i genitori, con una modalità totalmente differente ovviamente, il ruolo del genitore è unico, come del resto quello del nonno.
Tantissimi genitori si appoggiano alla disponibilità dei nonni durante la giornata, soprattutto quando le scuole sono chiuse ma le ferie sono lontane.
Oggi abbiamo voluto dedicare questo posti ai nonni e donare loro un piccolo spazio, troppo piccolo per il merito che invece gli spetterebbe. Se siete a portata di mano, andate a dargli un abbraccio e fatevi raccontare una storia, ne avranno sicuramente una affascinante pronta per voi!

sabato 17 agosto 2013

Aiutare i bambini dislessici? Un tablet può fare molto!

In questa serie di post vacanzieri abbiamo decantato i lati negativi dei tablet e di tutti i device mobili. Attenzione! Vogliamo sottolineare che non è che riteniamo assolutamente da evitare i comportamenti digitali, abbiamo solo acceso il campanello d'allarme nei post precedenti, relativo al troppo uso e alla "dipendenza" che potrebbe derivarne! 

E' ora di spezzare una lancia a loro favore. Abbiamo trovato in rete questo bellissimo articolo di Alex Corlazzoni, uscito il primo giugno sul suo sito, e abbiamo deciso che valeva la pena proporvelo intero perchè molto interessante.

Siamo anche molto curiosi di capire come la pensate voi a proposito. 

Buona lettura!


“Domani andiamo in gita, ma non portate telefonini o tablet”.
Questo assurdo ritornello l’ho sentito ancora una volta nei giorni scorsi. La maestrina dalla penna rossa, abituata a libro e biro cancellabile, non si è accorta dell’utilità del tablet. Nella scuola italiana sembra che il tempo si sia fermato. Non ho mai visto un tablet su un banco. C’è sulla scrivania di qualche dirigente, c’è sulla mia cattedra ma sul tavolo dei bambini è ancora considerato un tabù. Eppure mi sarebbe stato utile sapere, quando ho avuto a che fare con qualche bambino dislessico, che i videogiochi possono migliorare l’attenzione e le prestazioni alla lettura.
Marco Iannaccone è un ingegnere che si è accorto di quanto fosse necessario essere un po’ profeti, guardare oltre gli strumenti che abbiamo per dare una risposta alla dislessia: ha inventato EdiTouch, il primo tablet per dare un contributo ai genitori e agli insegnanti di bambini che hanno questo genere di disagio. In Italia finalmente c’è una legge, la 170 del 2010, che riconosce la dislessia; c’è una diversa sensibilità rispetto agli anni scorsi e ci sono molti più dislessici (tre mila nuovi casi solo in Italia). Se ne contano in ogni classe.
Restano ancora troppo poche le risposte. Spesso mi vien detto:“Quel bambino è dislessico, serve una programmazione semplificata”. Stop. Nulla di più. Oppure: “E’ seguito dal centro di neuropsichiatria”. Ma non basta.
Iannacone con il suo tablet ha saputo dare una risposta in più ai dubbi, alle incertezze degli insegnanti. Un lettore ebook, una calcolatrice parlante, un diario per i compiti, il visualizzatore di documentari e filmati: tutto ciò che serve per un bambino che fatica a leggere e che con difficoltà imparerà le tabelline. Il tutto sotto il controllo dell’insegnante e del genitore che possono decidere quali applicazioni debba usare il bambino. Un passo verso una scuola digitale che dovrebbe tenere in considerazione, riguardo la dislessia, i dati emersi da uno studio effettuato da un team di ricercatori dell’Università di Padova e dell’istituto scientifico “Eugenio Medea” di Lecco che hanno dimostrato quanto i videogiochi possono essere utili per i bambini dislessici. Hanno testato le capacità di lettura, di attenzione e fonologiche di 20 bambini con dislessia e hanno valutato le loro capacità di attenzione e di lettura prima e dopo nove sedute di gioco di 80 minuti ciascuna: i bambini che avevano usato videogiochi d’azione erano diventati più efficienti nel leggere e scrivere, mostrando progressi in alcuni test d’attenzione. Un metodo che potrebbe essere adottato fin dalla scuola materna dove tablet con videogiochi potrebbero essere utili a prevenire e migliorare l’attenzione dei bambini dislessici. E forse un giorno potrò sentire qualche collega dire: “Mi raccomando, domani non dimenticate il tablet”.

Alex Corlazzoni 

martedì 13 agosto 2013

Internet e l'appiattimento del mondo

Quanti bambini oggi sanno prendere un foglio e piegarlo fino a trasformarlo in un aereo di carta, o in una barchetta? Probabilmente pochi. Un tempo era un gioco facile, un gioco materiale: era l’utilizzo delle cose intorno che sapevano diventare qualcosa d’altro. Giocare con oggetti che capitavano a tiro era il divertimento preferito di tutti i bambini, insieme a quello di fare domande, chiedere e chiedere "Perché? Perché?"

Internet sta abituando i più piccoli a un mondo senza prospettiva, un mondo senza domande vere, senza risposte da capire e trovare da soli. Internet toglie la possibilità di scoprire la complessità attraverso un percorso di semplicità e di apprendimento.



Il mondo digitale ci mostra la barchetta già piegata, l’aereo che vola meglio preparato per noi da un team di persone che non conosciamo e di cui non sapremo mai nulla. Il web ci sta abituando, e sta abituando i bimbi, a un mondo a due dimensioni. A un mondo senza prospettiva. 
Non è solo l'imparare a fare una barchetta di carta che conta nella vita ovviamente, ma se imparo a fare una barchetta di carta, imparerò anche a pensare le cose che non ci sono, diventerò qualcuno che poi inventa un elefante di carta, dei fiori di carta. Tutto questo devo farlo nello spazio fisico, nelle tre dimensioni, con una manualità, con un pensiero che elabora la semplicità e la trasforma in prodigio. 
In questa momento i bambini non hanno tempo neanche a pensare a come piegare adeguatamente la carta per fare una barchetta di carta, che subito qualcuno, se non lui stesso, cerca sul canale YouTube un tutorial per fare origami come si deve, e far diventare quel foglio di carta molto uno yacht come quelle che si vedono a Montecarlo.

Attenzione non vogliamo generalizzare ovviamente ci saranno dei bambini che sono stati abituati dai genitori a non avere la "pappa" pronta, a cavarsela da soli, a trovare le risposte provando, a piegare un foglio mille volte prima di riuscire a fare un areoplanino che volasse come si deve. 
E non vogliamo neanche indicare Internet come un artefatto nemico dell'uomo. Per nulla! Senza Internet ormai non riusciremmo più a fare tante, cose. Internet ha portato un sacco di innovazioni davvero positive. Stiamo criticando l'uso di Internet che a volte si fa, più che uso direi abuso.
Non vogliamo dirvi di buttare via il vostro tablet, di disdire l'abbonamento Internet che avete in casa. Né di smettere di aiutare i vostri figli. Ma solo di utilizzare i nuovi media con prudenza e dare la possibilità a voi e ai vostri figli di prestare attenzione al mondo, quello in tre dimensioni, perché scoprirete tante cose che magari non avete mai avuto l'occasione di notare!


sabato 10 agosto 2013

Kunerango, community online per studenti

Abbiamo scoperto nel grande mondo del Web 2.0, questa community: Kunerango.

Kunerango è una piattaforma per studenti, docenti e istituti di formazione; è una web social application, grazie alla quale circola materiale di studio ma, anche, idee, sapere e innovazione. (Twitter @Kunerango)


1. Presentatevi e raccontate brevemente cosa fate e come vi siete conosciuti.
Ciao a tutti, io sono Mattia e con me ci sono Luca, Giulio, Matteo e Marco (c’era anche Giovanni ma è volato a Londra); noi siamo il team di Kunerango. Siamo 5 ingegneri informatici e, al momento, stiamo ancora terminando il nostro percorso di studi, oltre che lavorare notte e giorno a Kunerango. Luca, Giulio e Marco hanno già conseguito la laurea triennale e stanno terminando quella magistrale, mentre io e Matteo stiamo terminando la laurea triennale.  Io e Luca ci conosciamo dai tempi della scuola superiore (I.T.I.S F.Viola di Rovigo), con gli altri ci siamo conosciuti all’Università di Ferrara, dove studiamo attualmente.
2. Dalla vostra pagina Facebook leggiamo che vi siete aggiudicati il Premio UNIdea, promosso dal distretto Emilia-Romagna di Prospera con la collaborazione delle quattro Università della Regione a favore delle migliori proposte innovative di impresa o di prodotto nell’ambito del Progetto Digit@li. Raccontateci di questa vostra soddisfazione. Avete avuto anche altre occasioni di finanziamento?
Siamo giunti in finale con altri 4 progetti, tutti molto validi. Abbiamo fatto una breve presentazione davanti ai rettori della quattro Università della Regione e imprenditori del territorio, infine, Kunerango li ha convinti e così abbiamo vinto il primo premio.
Per noi, ovviamente, è stata una grande soddisfazione, una piccola ricompensa per tutto l’impegno che stiamo mettendo nel portare avanti il progetto. Colgo l’occasione per ringraziare il prof. Cesare Stefanelli che ci ha spinti a partecipare al concorso.
Attualmente, Kunerango sta crescendo presso H-Farm, venture incubator che ha investito in noi 65000 €.


3. Riassumendo brevemente la vostra idea di impresa, Kunerango è una social app che si fonda sul concetto di condivisione dei saperi e di cambiamento del metodo classico di studio/apprendimento. In base alla vostra esperienza, è ipotizzabile il passaggio da un’università “fisica” (fatta di aule, banchi, lezioni frontali) ad una “digitale”, appunto 2.0? Credete che si possa sostituire la prima con la seconda? O solo integrarle?
Kunerango è una web application che raccoglie strumenti utili a chiunque faccia formazione. 
L’idea è nata tenendo conto delle esigenze che abbiamo come studenti: ci siamo interrogati su quali potessero essere gli strumenti digitali che ci avrebbero aiutato nel percorso di studi e partendo da quelle riflessioni è nato Kunerango.
Nell’ambiente universitario, far capire che una piattaforma digitale come Kunerango vuole essere uno strumento di integrazione al classico corso in aula, un aiuto a studenti e docenti, è una delle cose più difficili. All’estero ogni Università ha il suo Kunerango e speriamo che anche qui le cose, prima o poi, possano cambiare.
Per rispondere alla vostra domanda, siamo convinti che l’università “fisica” è il presente e dovrà essere il futuro, ma avere il supporto di quella “digitale” può essere d’aiuto per alzare la qualità complessiva.
4. Per entrare a far parte di Kunerango serve una previa registrazione. Successivamente, accettate chiunque o praticate dei vostri criteri di selezione? A che territorio si rivolgono i servizi?
Per iniziare ad usare Kunerango ci si può registrare con la propria email oppure effettuare l’accesso tramite Facebook.
Per attivare il proprio account ed iniziare ad essere un utente attivo occorre una mail universitaria che ci serve per verificare che un utente sia realmente uno studente o un docente iscritto all’Università che ha indicato in fase di registrazione.
Attualmente Kunerango è accessibile per tutti gli studenti e docenti delle facoltà appartenenti all’ateneo di Ferrara, ma stiamo lavorando duro per poter aprire, nelle prossime settimane, anche a Bologna, Padova, Venezia, Modena, Parma e Verona. Cercheremo di raggiungere tutti gli atenei italiani.
Ovviamente se qualcuno dei vostri lettori volesse anticiparci e fosse interessato a portare Kunerango nella propria Università, può contattarci all’indirizzo hello@kunerango.com


5. Infine, la forma collaborativa, cooperativa – tipica di queste piattaforme – credete possa essere anche un modello di business efficace? Perché?
L’ambito universitario è solo l’inizio per Kunerango, il suo futuro è espandersi nei centri di formazione e nelle aziende perché la natura degli strumenti che propone fa si che possano essere adottati anche da loro.
Durante la nostra permanenza ad H-Farm, siamo entrati in contatto con aziende e centri che fanno formazione. Confrontandoci con loro, è emersa la necessità di strumenti digitali che possano facilitare la formazione dei dipendenti e che consentano di portare corsi normalmente tenuti in aula in corsi online, raggiungendo così nuovi utenti e aprendo la strada a nuovi mercati.
Abbiamo pensato ad una versione business per Kunerango, che si rivolge a centri di formazione e aziende.
Work in progress ;)

martedì 6 agosto 2013

Distrazione 2.0

Parlavamo nel post precedente della difficoltà di staccarsi dall'uso delle nuove tecnologie e dalla difficile astinenza da Internet.

Ma andiamo alla radice. Perché dovremmo staccare ogni tanto? In fondo che male fa? 


Anche se sembrano essere piccolissimi e indifferenti, gli effetti di Internet sul nostro cervello sono parecchi. La distrazione, in primis.
Proviamo a domandarci quanta informazione  in nostro cervello incamera ogni istante in cui è esposto contemporaneamente quando siamo su Internet e intanto, per esempio, guardiamo la televisione. Quanto a lungo riusciamo a rimanere concentrati su quello che stiamo facendo?

Nel frattempo arriva una nuova mail, qualcuno mi cita su Twitter, vado a vedere, su Facebook commentano la mia foto del mare. Arriva intanto un messaggio su cellulare, e penso che devo assolutamente controllare quanto costa quella borsa che ho visto in vetrina, o chi ha comperato la Juve in questa fase del calcio mercato.

Proviamoci a chiedere ora, quante informazioni davvero vengono consolidate nella nostra memoria?
Abbiamo davvero annotato tutti questi dati nel nostro cervello, oppure sono solo passeggeri?

La capacità di stare attenti è la chiave del nostro apprendimento.
Facendo più cose in una volta, con la rapidità imposta da Internet e dalle nuove tecnologie, perdiamo il controllo della nostra attenzione e non riusciamo ad imparare per davvero, non restiamo concentrati e le informazioni non passano dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine. Dunque le informazioni che abbiamo appena inserito in memoria verranno dimenticate in pochissimo tempo, cancellate da altre che cerchiamo di far entrare.

Ovviamente potreste rispondere che ormai tutto ciò che dobbiamo conoscere è già su Internet, basta "googlarlo" et voilà, la risposta è servita.
Però non è tutto qui l'apprendimento, c'è ben altro sotto.

Quindi un consiglio per quest'estate: ogni tanto spegnete il telefono, il tablet o quello che secondo voi vi distrae e concentratevi di più su una sola informazioni, che può anche essere quella che state leggendo su Google ovviamente, ma cercate di non badare al resto. 

Vedrete che la vostra memoria vi ringrazierà!

sabato 3 agosto 2013

Valorizziamo le differenze per....




Valorizziamo le differenze per….

…..combattere le disuguaglianze
……….facilitare la socializzazione
…scoprire la pari dignità
……………essere giusti verso ciascuno
……………………personalizzare l'insegnamento
…....rispettare ogni persona
…capire tutte le culture
………..dare a tutti le medesime opportunità
…………..scegliere la propria vita con consapevolezza
……..aiutare a costruire la specifica personalità
…………..promuovere la solidarietà
……insegnare la generosità







e voi per cosa ritenete valga la pena valorizzare le differenze?