martedì 11 febbraio 2014

Gli adolescenti e la rete... 10 passi per renderla sicura


di Elvira Serra

  • I genitori devono accompagnare i figli, essere per loro interlocutori attivi. Non saranno mai al passo con generazioni che sono nate in Internet, ma possono dimostrarsi capaci di affrontare e condividere esperimenti/dubbi nelle situazioni più delicate.

  •  La scuola non può escludere dai propri spazi la cultura digitale. Anche gli insegnanti devono essere (in)formati.

  •  I provider e le aziende che operano nella Rete devono continuare a cercare modi di agire in modo responsabile. Stabilire una strategia di autoregolamentazione che venga costantemente aggiornata.

  •  La libertà nella Rete, di cui i nickname fanno parte, è una conquista e non va demolita a colpi di legge. Ma tutti, soprattutto i giovani, siano al corrente del fatto che l’anonimato – in caso di denunce – può essere smontato dalla polizia postale.

  • Denunciare un cyberbullo è possibile. Ma uno strumento poco conosciuto è l’ammonimento del questore: a lui il compito di chiamare l’interessato e avvertirlo che è sotto osservazione. Spesso questa strada, che esclude azioni penali, risulta efficace.

  •  Usare il gruppo come strumento per contrastare i cyberbulli. Aiutare i ragazzi a creare un contro movimento che dia sostengo a chi è stato preso di mira
    •  Creare consapevolezza tra i ragazzi: portarli a chiedersi, prima di pubblicare una frase o una foto, se la vorrebbero leggere/vedere se fosse riferita a loro
    • Mostrare ai più giovani i rischi di un uso disinvolto della Rete che lascia tracce difficilmente cancellabili nel tempo.

  •  Mostrare di condividere con i ragazzi le potenzialità positive della Rete. Di conoscenza, esperienza, vicinanza. Non cedere all’equazione della paura per cui rischio = danno.

  • Avanzare a piccoli passi, consapevoli che siamo davanti a un cambio di paradigma. Che vecchie parole come regole, leggi, codice si sono svuotate. I rischi nella Rete costituiscono un problema aperto che va affrontato senza ideologie.

Quanto incide la Rete sulle nuove generazioni? Moltissimo.
Ai nostri tempi per fare una ricerca andavamo in biblioteca o dalla compagna di classe che aveva l’enciclopedia universale; agli amici di penna scrivevamo sporadiche lettere in un corsivo incerto; e per incontrare qualcuno andavamo in parrocchia. Oggi tutte queste cose si possono fare restando nella propria cameretta con il computer o lo smartphone accesi. 

È di sicuro una opportunità, con un potenziale sterminato. Ma bisogna mettere in conto i rischi. Un adolescente/bambino che naviga da solo su Internet può incorrere nel Gatto e la Volpe versione 2.0.«Adescamento online, gioco d’azzardo, furto della personalità, cyberbullismo, addiction»: il presidente di Telefono Azzurro Ernesto Caffo ha illustrato il peggio del Web per lanciare un appello alla vigilia del «Safer Internet Day 2014», la giornata voluta dieci anni fa dalla Commissione europea e da Inhope (International Association of Internet Hotlines) per promuovere un uso responsabile dei nuovi media.
Caffo ha anticipato l’appuntamento con un convegno che si è svolto nella Sala Montanelli del Corriere della Sera a Milano, dove docenti, esponenti delle istituzioni, insegnanti, tecnici si sono confrontati con degli interlocutori molto particolari: gli studenti delle medie e delle superiori. A loro è stato chiesto che cosa li spaventa di più della Rete e come possiamo aiutarli a sfruttarne le potenzialità. La risposta più forte è stata una: non lasciateci soli. Ed è stato questo il filo conduttore di tutti gli interventi improntati all’autocritica, che hanno portato a definire una sorta di decalogo per creare, davvero, #laretechecipiace.
Sul palco si sono avvicendati parlamentari italiani ed europei, esponenti di Prefettura e Questura, psicologi, pedagogisti, manager delle aziende che operano sul Web. Il viceministro allo Sviluppo economico Antonio Catricalà ha messo in evidenza che Internet non è «gratis» come si pensa: «Tutte le informazioni che digitiamo le paghiamo di persona, sono la nostra ricchezza e dobbiamo vigilare perché nessuno ce la sottragga».
L’ex ministro Michela Vittoria Brambilla ha proposto di rendere obbligatoria l’educazione digitale nella scuola dell’obbligo. Il procuratore aggiunto di Milano Pietro Forno ha ricordato che ci sono degli strumenti per liberarsi dei «molestatori» online, siano cyberbulli o altro, e sono la denuncia o, prima ancora, l’ammonimento del questore.«Bisogna procedere per gradi, e il vostro primo punto di riferimento devono essere i genitori e la scuola», ha detto.
Esistono anche modelli di Rete che funziona, ha evidenziato il direttore diWiredMassimo Russo, nelle vesti del moderatore. Un esperimento a tema è quello di Twigis, community per bimbi, di cui ha parlato Enrico Fili, direttore Rcs E-commerce New Digital Business.

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